“Bisogna essere duri, senza mai perdere la tenerezza” (Ernesto “Che” Guevara de la Serna). Oggi al Drop In center di KISEDET F., un ragazzino che da anni cerchiamo di togliere dalla strada, vedendosi sottrarre la bottiglietta con la colla che stava sniffando, ha perso il controllo e impugnato un coltello, minacciando noi che eravamo presenti (gli altri in questo periodo lavorano da casa). Si è messo a lanciare pietre, per fortuna senza colpire niente e nessuno, poi, sempre con il coltello in mano, è stato bloccato. Il nostro gigante buono Fulgence era fuori sede, ma fortunatamente c’era Konjani, l’assistente sociale del dipartimento famiglia, che è riuscito a fermare l’assalitore e ad allontanarlo dalla casa accoglienza con la collaborazione di Edwin. Dopo un’oretta, mentre stavo scrivendo al computer, ho sentito chiedere permesso, e mi sono ritrovata davanti F. Non ho avuto paura: lo conosco da almeno otto anni e sono convinta che non farebbe mai del male. Una volta ho letto in un libro dedicato ai bambini/ragazzi di strada, che, anche se non riusciranno mai ad abbandonare la strada, saranno sempre pronti a difendere chi si è battuto per loro e gliene saranno grati per tutta la vita, perché sanno che queste persone non li hanno mai abbandonati nemmeno nei momenti più difficili. Si è seduto davanti a me, chiedendo scusa, e subito è arrivato il mio collega Konjani, che in Inglese (per non farsi capire da F.) mi ha chiesto: “Tutto a posto?”. Gli ho risposto affermativamente, sono stata un po’ sola con F. e poi ho richiamato Konjani, e insieme gli abbiamo detto che questa è l’ultima possibilità che gli daremo. F. è stato ospite alla casa accoglienza sia a breve che a lungo termine di KISEDET, ma è scappato da entrambe. L’abbiamo portato ad Arusha: stesso risultato. Se vorrá essere di nuovo aiutato da KISEDET, dovrá andare a disintossicarsi (un mese al Sober house costa circa 80 euro e dovrá restarci almeno 3 mesi), altrimenti noi non potremo fare nulla per lui. Gli abbiamo detto di tornare venerdì con la risposta. Ecco perché ho citato il Che all’inizio, perché nel nostro lavoro al servizio di questi bambini/ragazzi dobbiamo “essere duri senza mai perdere la tenerezza.”